Commenti pagina:


Caricamento...

Caricamento...

Il vostro «Diario della felicità»...
Non importa quante volte riceverai delle delusioni, o in quanti modi ti feriranno, ha importanza solo l'impegno, la costanza e la presenza che doni agli altri. Se fatto con il cuore sarai sempre felice di aver donato una parte di te a coloro con cui hai condiviso una parte della tua vita, breve o lunga che sia.
(Eli Abruzzo)
Per me oggi tendere alla felicità significa non smettere mai di credere in se stessi, senza dimenticarsi degli altri ovvero pensando anche che in due o in gruppo le controversie della vita si attraversano meglio.
(Lui Scandiano)
“Ricorda che le persone più felici non sono quelle che ottengono di più, ma quelle che danno di più.”
(Lui Carpi)
Ciao Don G. , tu non sai la mia storia…, ma mi hanno passato il tuo appello ed eccomi qua. Una ragazza che passava tanto tempo in oratorio. Poi cominciò un tempo in cui c’era in me qualcosa che sempre di più non andava. Mi mancava qualcosa. Certi giorni non avevo appetito; continui sbalzi di umore, non apprezzavo la musica che avevo sempre ascoltato. Che strano! Non volevo più andare in parrocchia, però non volevo neanche stare a casa. Studiavo, ma mi importava fino a mezzo giorno. Gli amici? Beh, almeno con loro non pensavo più di tanto, però era sempre un trovarsi senza un perché! Agli occhi di tutti ero una brava ragazza, responsabile, di “lei ci si può fidare”. Pensavo fosse un periodo passeggero, c’era in me qualcosa che non mi permetteva di essere felice e a me importava solo quello: essere felice. Che cosa c’era di male in questo? A distanza di qualche anno, posso dire che il Signore, ci chiama ad essere felici, ci chiama a vivere la nostra vita al 100%. Lui, giorno per giorno ci propone il come, il quando il dove… e a noi spetta rispondere. Io ho detto di sì all’Oratorio, ho detto di sì al cammino degli animatori, ho detto di sì alla vita. Sì, è vero, ho dovuto organizzare bene lo studio, ma ho capito che io non potevo essere solo libri, esami. Sono giovane e questo è il tempo della vita vera. Ho imparato piano piano a fidarmi di Dio, sentendo sempre di più il suo sguardo su di me. Tutto aveva preso un’altra forma. Ed è per questo che le cose che avevo sempre fatto mi sembravano strette; le facevo perché mi piacevano, c’erano i miei compagni, ci si divertiva, ma alla fine era solo routine, non erano esperienze di libertà, scelte vere. Accompagnata da un grande don ho intrapreso un cammino che a me piace chiamare di Libertà, e sta dando i suoi frutti. Ora, sono felice! Cosa vorrà da me il Signore ancora non lo so, però ora so che “seguendo” Lui sono più serena.
(Lei 24 anni MI)
La Sua Presenza nella mia vita che incombe sempre più. Questo mi dà la forza per andare avanti ora più che mai
(Carrozzina RE)
Per me oggi tendere alla felicità significa fare felice il prossimo
(Lui A. Forlì)
Caro don mi chiedi se “Io sono felice?”, beh ti risponderò in seguito. Ora ti vorrei chiedere: certe persone pare che non siano mai felici, che non abbiano nessuno scopo e vocazione come dite voi preti. Ma è possibile? Oppure l’hanno perso? Ma si può andare avanti così? Uno può perdere la vocazione?
- Ciao (lei 18a PR), Tutti abbiamo un posto preciso nella vita, siamo portati “sulle palme delle mani di Dio”, quindi destinati alla felicità, alla santità. Non c’è nessuna persona “generica”, anche colui che è “rimasto” single. Non avere “scopo” vuol dire non interrogarsi sul senso della vita, non osservare chi ci vive accanto e imparare anche dai suoi limiti come dal bello che manifesta, per dare significato a quello che possiamo essere. Perdere la vocazione vuol dire non continuare a rispondere a Dio che chiama sempre ad essere protagonisti della propria esistenza. Un consiglio per te: pregalo che ti tenga le orecchie “tirate”, tieniti sempre presso il cotton-fioc, per ridarti un audio perfetto, cioè la sua Parola.
Per me oggi tendere alla felicità significa essere amato da Dio. Lui mi dice: “Vi diranno che non siete abbastanza. Non fatevi ingannare, siete molto meglio di quello che vi vogliono fare credere.”
(lui, Rubiera)
Ciao don G. di Poviglio, io vedo spesso i miei genitori litigare, discutere. Non ne posso più! Tu mi chiedi se sono felice,… beh, non proprio. Come posso immaginare che anche per me non sarà così!?!? (Lei 17 a RE)
- Litigano di brutto o hanno un modo barbaro per dirsi che si volevano bene? Della serie: “se non litighiamo non stiamo neanche bene”? Se ti sembra proprio che litigassero alla peggio, non devi assolutamente smettere di sognare che tu sarai diversa, e che la figlia di chi litiga sicuramente sarà dolcissima anche solo perché non ne può più come te. Una indicazione che non sarai così la puoi vedere guardandoti nelle relazioni coi tuoi compagni: hai un carattere “focoso, litigioso”, oppure cerchi di non misconoscere il bello che hanno e cerchi di valorizzarlo per la vostra serenità? Se ci stai provando, ti stai allenando ad una vita serena, anche se in casa c’è una esperienza di croce
Ciao Don, felicità e libertà dovrebbero andare a braccetto in ogni campo della vita: l’ho letto da qualche parte, penso in un whatsApp arrivatomi tempo fa. Ma come arrivare ad essere veramente felici e liberi? (Lui 19a RE)
- Saremo veramente liberi solo in paradiso. Non ti illudere troppo che sia cosa facile e alla portata di ogni desiderio… Per un cristiano è frutto di una scelta totale di amore per il Signore, almeno provarci un po’, poi l’appetito vien mangiando. Oggi forse riusciamo solo a scegliere da quali condizionamenti farci legare. Però è sempre frutto di un nostro impegno. C’è una storiella che dice che “la vita non è una nave tranquilla che scivola da sola verso il porto della felicità. Su di essa, in ogni momento, siamo impegnati noi come timonieri, con la responsabilità di definire la rotta”. A noi tocca decidere quale esperienza fare dell’amore, come affrontare i giorni della solitudine, che tipo di felicità ricercare, che senso dare ai nostri insuccessi, come investire le nostre qualità a favore della vita di tutti. Anche quando incrociamo le braccia e c lasciamo portare dalla corrente, non smettiamo di essere noi i responsabili della nostra vita. Tante persone ci possono aiutare, nessuno ci può sostituire nel rischioso mestiere di vivere.
Tendere alla felicità, cioè stare insieme agli amici, alla famiglia; non pensare solo a se stessi
(Lui con rotelle – Collina)
Felicità, dove? Ho un fratello più vecchio di me di due anni con problemi psichici e nessuno sa la fatica per capirlo e trovare aiuto. Di fronte al disagio tutti si ritraggono. Lui soffre e io mi ribello; i miei sono dei Santi per la pazienza e premura che hanno. Come è possibile un mondo che vuole scaricare chi gli fa problema? Tutto è organizzato per chi sta bene, e agli altri solo briciole, a volte. Essere ai margini è tristissimo! (LUI, 19 a MO)
- La parola “margini” appunto dice che la società ha un altro centro. La società però no è una statua di pietra, ma è fatta di tante persone che la possono cambiare e modellare. Non bisogna mai perdere il coraggio di piegare la società a favorire chi è meno attrezzato per vivere. Alcuni esempi di questa evoluzione ci sono, rispetto a tanti secoli fa. Però occorrerà sempre un cuore che va oltre le leggi, i provvedimenti e i diritti. Tu lo stai facendo. Per tuo fratello tu sei colui che sposta il centro della società che emargina, tu sei per lui quello che dovrebbe essere la società. La comunità cristiana, se fosse veramente tale, potrebbe essere un vostro alleato in questo vostro sforzo titanico; non cessare di chiedere, gridare anche ai tuoi conoscenti, amici…, anche solo per avere un po’ di pausa in questo esserci presso di lui. Non cessare anche di gridare (sfogarti) al Signore il tuo amore per la vita che vedi non rispettata nella solitudine in cui vi trovate. Lui, senz’altro capisce il tuo stato d’animo, e se alla fine gli dirai come Gesù nell’orto degli ulivi: “Signore passi da me questo calice, ma nella tua volontà voglio rimanere”, LUI non mancherà di fare scorrere nel tuo cuore tanta consolazione, per una serenità maggiore in ciò che sei chiamato ad essere presso il tuo fratellone. Il tuo “giogo” con LUI (Vangelo Matteo 11,30) sarà più dolce e leggero, anche questo è un aspetto particolare della felicità cristiana.
Ciao Don, sì sono felice, e sai perché? Perché ho capito che se vuoi la felicità devi aprirti all’altro, devi imparare a donare qualcosa di tuo a chi incontri. “Se cerchi di essere felice, fai felice qualcuno!”. Ma, allora la felicità non è qualcosa di mio, qualcosa da possedere, ma una esperienza che nasce da una relazione, da un essere con gli altri in un certo modo, di una cura per l’umanità che c’è nel fratello, nell’amico, nel povero, nel compagno di scuola. Ti consiglio di vedere il film INTO THE WILD: il protagonista, un giovane inquieto e alla ricerca della felicità vive diverse esperienze, ma nulla lo può riempire davvero. Scappa dal mondo per arrivare in quelle terre selvagge dove capirà il segreto di una vita “felice”. “La felicità è reale solo se è condivisa”, non si può essere felici da soli. Ma per lui sarà troppo tardi. E per tanti giovani, oggi…? Mah!?!!
Ciao Don, io negli incontri coi ragazzi ho utilizzato questa storia, ma prima l’ho fatta mia: è veramente bella! Guardiamo, impariamo a stupirci per le bellezze che sono nel mondo…ma stiamo attenti anche alle piccole cose che ognuno ha tra le mani.
(Educ 21 a)

Il segreto della felicità secondo Paulo Coelho
Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il saggio che il ragazzo cercava. Invece di trovare un sant’uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un’attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c’era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto. Il saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore. Nel frattempo, voglio chiederti un favore, concluse il saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d’olio. Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l’olio. Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del saggio. Allora, gli domandò questi, hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?’ Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d’olio che il saggio gli aveva affidato. Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo, disse il saggio. Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa. Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d’arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d’arte era disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto. Ma dove sono le due gocce d’olio che ti ho affidato? domandò il saggio. Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate. Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho da darti, concluse il più saggio dei saggi. Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza dimenticare le due gocce d’olio nel cucchiaino.”
(Storia tratta dall’Alchimista di Paulo Coelho)
Ciao don, io sono abbastanza felice, anche perché ho capito, dopo un po’, che essere felici non è solo uno stato emotivo, ma la conseguenza di un incontro, la sfida è quella di mettersi in cammino, di uscire da se stessi, di farsi trovare. Mi viene in mente, ma non mi ricordo quale è, un piccolo testo dove si parla di Gesù come dell’”uomo che cammina”. Nei Vangeli lui è sempre in movimento e in questo suo andare incrocia gli sguardi degli uomini e delle donne del suo tempo che si sentono riconosciute dal Maestro. La pienezza della umanità di Gesù incontra la nostra umanità (Natale?) e ci sentiamo riconosciuti, accolti, stimati amati. Lo stesso può avvenire nei nostri incontri: ecco la condivisione che porta alla felicità. Della serie, nell’altro io riconosco un frammento della mia vita (quell’amore per la vita che ho trovato dentro di me) e l’altro si sente a sua volta riconosciuto, accolto e non giudicato. Sì, è vero, a volte siamo persone che scappano, hanno paura, ma non dobbiamo dimenticarci mai che portiamo in noi sempre un desiderio di infinito di vita, e questo, a mio avviso, ci mette insieme sulla strada della felicità.
(Lei 22a BO)
ehi don, ti basta la definizione di felicità della Enciclopedia Treccani? Scherzo, poi ti rispondo. (spiritoso RE)
felicità s. f. [dal lat. felicĭtas -atis]. – 1. Stato e sentimento di chi è felice: piena, intera f.; una f. serena, pura, tranquilla, senza ombre; aspirare alla f.; trovare la f. sulla terra; godere, assaporare momenti di f.; l’eterna f., la beatitudine celeste; felicità!, augurio (oggi molto meno com. di salute, e talora scherz.) a chi starnuta. Con senso più prossimo a «gioia»: provò un’intima f.; iron., che f.!, a proposito di cosa molesta, di grattacapi e sim. 2. Opportunità, convenienza, e in genere la qualità di ciò che è riuscito in modo eccellente: f. di una frase, di un’espressione, di un’idea; con quanta f. i suoi concetti descrivesse (Machiavelli).
"Finche vivi, mostrati al mondo, non affliggerti per niente - la vita dura poco! Il tempo esige infine il suo tributo" è questa la frase scolpita su una stele di marmo, l'epitaffio di Sicilo. Questa è una delle frasi a me più care. Molte volte nei momenti in cui penso di star gettando il tempo, Sicilo con le sue parole, a distanza di secoli imprime in me la forza e la speranza di fare di più. Oggi sono felice, perché ho due occhi, un naso e una bocca. Sono felice, perché non mi manca nulla. Sono felice perché guardando al mio primo quarto di secolo appena compiuto posso ritenermi fortunato. Sono nato in un paese ricco di cultura, in una famiglia completa, ho conosciuto persone che mi hanno arricchito, non ho mai patito realmente la fame. Ho avuto un dono che mi ha permesso di portare avanti le mie diverse passioni. Oggi sono felice, ma sono anche triste. Triste per tutte le persone meno fortunate di me. Triste perché il mondo soffre, per colpa dell'uomo. Sono triste, ma speranzoso. Speranzoso in un futuro migliore. Certo che l'unione possa fare la forza. Un pensiero comune tra i cittadini del mondo potrebbe fare realmente la differenza. Come scrive Gandhi - "sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo". Sono speranzoso, in chi leggerà queste mie parole e deciderà di essere il cambiamento… perché insieme possiamo!
- Grazie (Chitarra 24) per il tuo profondo pensiero; sai…in questi giorni, celebrando la nascita di Gesù ho guardato in particolare a Maria, sua Madre, e la sua partecipazione alla vita/destino di suo figlio, annunciata appena nato: “…e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,22ss). Magnificat e sofferenza si sono costantemente incrociate in tutti e due, e li ha fatti diventare una cosa sola. Oggi so anche io, quando vivo e rivivrò i dolori della umanità, troverò sempre nella dolce Maria un cuore che mi accompagnerà.
Sono felice? Ora, qui, adesso sono molto felice. Sono circondata di persone che mi vogliono bene per davvero e non mi manca nulla. Dio mi è sempre stato vicino, sin da bambina, anche quando non lo volevo, anche nei periodi in cui l’ho dimenticato. Mi ha sempre tenuta per mano. Quello che domando è: nel futuro sarò/saremo così felici? Anche quando i problemi saranno tanti? Anche quando saremo vecchi? “Vita” e “morte” sono due parole importanti su cui ho riflettuto parecchio in questi mesi. Qualcuno di caro non c’è più e allora mi chiedo: “Sei davvero andato a stare insieme a Dio?” Vorrei avere la certezza di Carlo Acutis, quando dice che siamo attesi in cielo, che è quella la nostra patria... È un domandone ovviamente, chissà se saprò mai la risposta. Per ora chiedo a te Dio di custodire le mie speranze per il futuro e ti dico grazie per la mia piccola felicità.
- Grazie (amica del PO 25) per la tua condivisione. Ti invito a riprendere un libretto che ho dato a voi giovani due anni fa dal titolo “Spaccato in due” ed EP 2015; in particolare a pagina 26 ss trovi una prima risposta. Te l’ho trascritta:
«Il Natale ha sempre una sua magia che è bene esplicitare, festeggiare e condividere insieme. Anch'io, qualche giorno prima del 25 dicembre, esplicito la mia richiesta. «Gian, cosa vorresti per Natale?» La sua risposta è senza tentennamenti. «Vorrei fare la comunione». Gian è disarmante. E arrivato a una sintesi della sua vita che non è da poco. Un dono per lui e soprattutto per chi lo ascolta. Gian è scioccante. Un ragazzo di vent'anni che, per Natale, desidera il Regalo più bello e più vero che ci sia: Gesù. La comunione. Colui che è senso pieno, origine, fonte e culmine di quella festa per cui tutto il resto si muove. Gian sa andare dritto al cuore. Ha già tolto tutte le scorie, le foglie secche, le corazze che ricoprono il significato ultimo delle cose che si fanno e si vivono. La comunione! lo non l'avrei mai detto. E chi di noi, sinceramente, l'avrebbe pensato? Mi guarda, sa che sono un prete. E tira la sua conclusione chiedendomi il Regalo più grande che possa portargli. «ll resto possono portarmelo anche tutti gli altri». E vero. Ha ragione. Allora mi viene questa idea. D'accordo con il parroco del paese, don Federico, persona squisita e vicina a Gian, gli chiedo: «E se celebrassimo la Messa di Natale qui, in casa tua, saresti contento?». Sarebbe bellissimo, anche se sono preoccupato che la Messa duri tanto, di non farcela a stare alzato e mi agito pensando che forse è una tensione troppo lunga». Lo rassicuro. Lui può stare tranquillamente disteso sul suo divano. Sarà una Messa particolare. Il giorno di Natale, quando al pomeriggio entro in casa, l'assemblea è già raccolta intorno a Gian in attesa che la Messa cominci. Scambio sobrio di auguri, strette di mani fredde che si riscaldano al pensiero di ciò che stiamo per celebrare. Ho portato con me il mio kit per la Messa da campo, ma la prima cosa da cercare è un tavolino che faccia da altare su cui celebrare. A Gian viene un'idea geniale. «Usiamo questo». Lo prende e me lo porge, come se fosse già li, pronto da sempre per quell'uso. E il carrellino delle medicine. Con tutte quelle che Gian assume ogni giorno deve essere sempre vicino a lui, a portata di mano. Il carrello che usano gli infermieri per cambiargli gli aghi della morfina, la mamma e il fratello per appoggiare, vicino a lui, acqua, tè, tisana e tutto ciò di cui necessita. Il carrellino serve anche per i bisogni fisici, quando Gian non si può alzare dal divano. Ma Gesù non si scandalizza. Anzi. Coperto con una tovaglia, il carrello diventerà il luogo che Gesù userà per stare, col suo corpo e il suo sangue, in mezzo a noi. Il carrello delle medicine sotto. Il Farmaco dell'immortalità sopra. I rimedi umani, necessari, sotto. La Medicina spirituale, indispensabile, sopra. Una pagina di alta teologia scritta da un ragazzo malato con una fede d'acciaio.»
Per me tendere alla felicità è potere, con l’aiuto di amici, camminare sicura nei percorsi montagnosi delle montagne, sapendo che se c’è rischio di cadere c’è qualcuno che mi può sostenere… Perché avere qualcuno accanto ti sappia confortare, aiutare, stimolare nei momenti di più sconforto è importante
(Bastoncino Bianco MO)
- L’entusiasmo è il sale della vita. La rende più gustosa. Se poi è condito con la certezza che il Signore è al tuo fianco sempre e magari in Lui qualcuno di noi…beh, il sorriso sarà sempre presso di te e sul tuo volto.
Per me oggi tendere alla felicità significa vedere e sentire la serenità e il benessere mentale e fisico delle persone che mi sono vicine, dei miei cari, della mia famiglia, delle persone a cui voglio bene. Però guardando agli aforismi dovrei tenere presente anche che il mondo non gira attorno a me e che quindi le persone a me care possono stare bene ed essere felici anche senza di me, quindi forse a volte dovrei essere più altruista e pensare più alla felicità altrui e meno alla mia, soprattutto quando le due cose non sono collegate.
- Sai (Pallone 24), che tirare le somme con la propria anima almeno alla fine di ogni anno, ma io spero che tu impari a farlo più spesso [ogni mese, ogni settimana e perché non ogni giorno…]è un buon preparativo per iniziare l’anno successivo, il mese successivo, la settimana successiva, il giorno successivo… come Dio comanda? E se poi veramente gli parli… sarà il TOP!
Caro don, per me la felicità è essere un buon cristiano, essere amico con tutti; fare a modo con le persone che sono da sole, poi andare al lavoro, andare a messa, andare in giro con gli amici, essere amato da Gesù. Grazie DIO x tutta la felicità che mi hai dato in questi giorni e anche più avanti, spero!
(San Faustino RE)
Ciao caro Don, in questo periodo mi sento abbastanza felice, anche perché, causa lookdown, ho più tempo di stare con la mia famiglia e parenti, un valore che a volte si sottovaluta troppo. Per me ora tendere alla felicità vuol dire puntare sulle cose più semplici, perché sono quelle più preziose di tutte, come un semplice “ti voglio bene” alla mamma o al papà.
- Puntare alla semplicità (“Timore/Speranza” MO) è una bella base per una vita serena. Però, ricordati cosa dice lo Spirito… in S. Paolo (1 Corinzi 12,31): ”Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte.”. Amico, sogna, sogna, ricerca la bellezza della vita. Semplicità sì, ma guardando in ALTO e puntando in alto.
[Papa Francesco ai giovani, Roma agosto 2018] “Padre, e dove posso comprare le pastiglie che mi faranno sognare?”. No, quelle no! Quelle non ti fanno sognare: quelle di addormentano il cuore! Quelle ti bruciano i neuroni. Quelle ti rovinano la vita. “E dove posso comprare i sogni?”. Non si comprano, i sogni. I sogni sono un dono, un dono di Dio, un dono che Dio semina nei vostri cuori. I sogni ci sono dati gratuitamente, ma perché noi li diamo anche gratuitamente agli altri. Offrite i vostri sogni: nessuno, prendendoli, vi farà impoverire. Offriteli agli altri gratuitamente. Ragazzi e ragazze, siate voi pellegrini sulla strada dei vostri sogni. Rischiate su quella strada: non abbiate paura. Rischiate perché sarete voi a realizzare i vostri sogni, perché la vita non è una lotteria: la vita si realizza. E tutti noi abbiamo la capacità di farlo. Il pessimismo ti butta giù, non ti fa fare niente. E la paura ti rende pessimista. Niente pessimismo. Rischiare, sognare e avanti. La libertà di ciascuno è un dono grande, un dono che ti è dato e che tu devi custodire per farlo crescere, fare crescere la libertà, farla sviluppare; la libertà non ammette mezze misure.
Innanzi tutto migliorare me stesso attraverso le cose che mi rendono felice, sapendo poi che tutto non è “felicità”, avendo consapevolezza che la vita ha sempre quel qualcosa di sbagliato che la rende un "mistero" che mi piace affrontare. Ciò che mi rende felice oggi è la mia famiglia, gli amici e tutte le opportunità di fare varie cose, mentre per "non tutto è felicità" magari gli amici che tradiscono un litigio con una persona cara, magari non poter vedere qualcuno per tanto che nonostante tutto resta e resterà la persona che ti sta più a cuore.
(Lui Grr 2006)
- Ciao, Grr2006, continua a ricercare ciò che ti può aiutare a crescere; chiedi al Signore la saggezza di chi non vuole stancarsi nell’amare la vita col suo carico di gioie e di dolori. Leggi, meditata molto il piccolo libro che ti ho dato (Diario della felicità, Ed Mimep-docete 2019), non tralasciando gli approfondimenti di fine capitolo, per vedere le cose nuove che il Signore vuole suscitare nella tua carne viva.
La felicità è un sentimento che avviene realmente solo in certi momenti, quando c'è una persona accanto che ti fa sentire bene, accettando tutti i tuoi difetti. La felicità è AMARE: “L’amore…è una di quelle avventure che cambiano la tua vita e quella degli altri. Ti aiuta ad essere più forte e a crescere, soprattutto nella fede. (Matteo Farina 19 anni)”. Infatti l'amore è più difficile dell'odio; è più facile insultare una persona che non conosci che baciarla o anche altre cose. Bisogna dire che l'amore è una cosa complessa ma ci possono riuscire tutti, perché è la cosa che tiene una persona legata ad un'altra come un genitore, i nonni (Lui Amare 2006)
- Sai, Amare 2006, è vero, sembra che amare sia più difficile che odiare. Ecco perché Dio in Gesù si è fatto uno di noi, per aiutarci in questa impresa: ha donato per questo la propria vita, si è fatto cibo, forza… per noi. Sappi chiedergli ogni giorno di non sottrarti mai a ciò che è bene, anche se dovessi perdere la faccia per questo.
LA FELICITÁ
«[La felicità] Cercatela, tutti i giorni, continuamente. Anzi, chiunque mi ascolta ora si metta in cerca della felicità. Ora, in questo momento stesso, perché è lì. Ce l’avete. Ce l’abbiamo. Perché l’hanno data a tutti noi. Ce l’hanno data in dono quando eravamo piccoli. Ce l’hanno data in regalo, in dote. Ed era un regalo così bello che l’abbiamo nascosto come fanno i cani con l’osso, quando lo nascondono. E molti di noi lo fanno così bene che non si ricordano dove l’hanno messo. Ma ce l’abbiamo, ce l’avete. Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima. Buttate tutto all’aria. I cassetti, i comodini che c’avete dentro. Vedrete che esce fuori. C’è la felicità, provate a voltarvi di scatto, magari la pigliate di sorpresa. Ma è lì, dobbiamo pensarci sempre alla felicità. E anche se lei si dimentica di noi, non ci dobbiamo mai dimenticare di lei fino all’ultimo giorno della nostra vita.» (R. Benigni, “I dieci comandamenti”, dicembre 2014).
La felicità credo possa essere rappresentata in diversi modi a seconda delle fasi della vita in cui ci si trova ma ancor più a seconda del grado di maturità raggiunta. E allora quanto è importante “trovare il tempo” di parlare di felicità anche a scuola, in ogni ordine e grado, anche all’università e farlo per davvero, con insegnanti che non si accontentano della prima risposta. La felicità è forse “la materia più bella” da imparare a riconoscere e quella “più difficile ma stimolante” da “insegnare”. Se guardo indietro, alla mia esperienza, vedo la felicità come un impasto che in ogni mio anno di vita è lievitato un po’ di più, divenendo qualcosa di sempre più grande e complesso come concetto. Credo davvero di poter dire che la felicità, quella che proprio ti riempie il cuore, stia nell’incontro: con la persona che poi ti sceglie e scegli per sempre ma anche con chi ti sceglierà e sceglierai come amico. Dentro ad ognuno dei due casi, seppur si declini poi in modo diverso, c’è la magia di quando incontri un’altra vita e ti senti attirato, affascinato, vuoi conoscerla, scoprire “cosa ci stia dentro”, in modo delicato, mettendo “sul tavolo dell’incontro” un pezzettino alla volta di cuore. E che felicità quando ti guardi dentro, riconosci ogni ferita, ogni lacrima, ogni bozzo ma allo stesso tempo ti rendi conto che il tuo cuore è lì che batte, nonostante tutto ciò che ha già vissuto, è pronto per essere donato. Non è sempre facile ma ritengo davvero che sia innanzitutto donando me stessa che posso incontrare l’altro, conoscere e lasciarmi conoscere, stupirmi, crescere ed anche innamorarmi. Un “cuore caldo”, come lo definisco io, porta con sé lacrime perché non tutti sanno maneggiarlo e non è sempre così automatico che chi lo possegga “sappia tutelarsi”, sappia essere in grado di reggere la sensibilità che porta con sé. Ma allora questa felicità di cui parlo passa attraverso le lacrime? Io qualche volta me lo sono sentita dire, forse quasi come saggezza popolare, diciamo che quando piangi e sei ferito, di felicità non ne senti molto il sapore. Credo piuttosto in un’altra cosa, cioè che anche mentre si piange si possono incontrare gesti generatori potenti di felicità: un orecchio pronto all’ascolto, una mano tesa, una spalla su cui appoggiarsi, un abbraccio, un silenzio che accoglie o anche un cuore in cui rifugiarsi. Guardandola così questa felicità, è davvero un impasto fatto di tantissimi ingredienti: l’attesa, gli sguardi, la delicatezza, la scoperta, il mettersi in gioco, il lasciarsi aiutare, l’ascolto attento, il senso di responsabilità verso il pezzo di vita dell’altro che incontro. La felicità è dinamica, è qualcosa che non arriva se stai nella tua comfort zone, in uno spazio di cui ormai conosci ogni angolo e “ogni abitante”. Nell’amore poi, la felicità ha un aspetto di gratuità disarmante. Amarsi, tra le altre cose, è proprio quando si è l’uno per l’altro un dono gratuito, senza che sia richiesto espressamente o che ci si aspetti qualcosa in cambio. Sono ancor più felice quando l’altro, che cammina con me, è sereno, si sente prezioso così com’è, si sente felice lui stesso del dono che è per me e per tutti coloro che incontra. Mi sono accorta che dietro ad ogni incontro prezioso della nostra vita ci sia il volto di Cristo, la sorgente della felicità nel suo senso più alto e pieno. Pensiamo ad esempio al capitolo 25,34-39 del Vangelo di Matteo che dice:
“Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me»”.
Ecco questo è un esempio bellissimo di come l’incontro possa generare non semplice felicità ma proprio il “biglietto vincente” per ereditare il regno di Dio. Ognuno di noi, senza distinzioni, è chiamato ad andare incontro a chi ha sete, fame, a chi è nudo, forestiero o carcerato per portare un briciolo di serenità, per imparare a rendersi conto e rendere grazie dei doni che si sono ricevuti. L’incontro porta a decentrarsi, a spostare il proprio punto di vista, ad entrare in una vita nuova e a volta anche molto diversa dalla nostra ma non tiriamoci indietro, incontriamo e lasciamoci incontrare, «non rischiamo di amare sempre troppo poco e troppo tardi» (R. Benigni, “I dieci comandamenti”, dicembre 2014).
(La bella 27a, Scandiano)
- Ciao, La bella 27°, la felicità sta proprio nell’INCONTRO con se stessi, con LUI, con l’altro. Un incontro caratterizzato dalla SEMPLICITA’, nella riconoscenza per le piccole o grandi cose di cui è segnata la propria vita, la SUA VITA, la vita dell’altro. Ti lascio con una poesia di Matteo Farina, l’”Infiltrato di Dio tra i giovani” (1990-2009): La semplicità è lo specchio del volto di Cristo; uno specchio che riflette purezza e amore, ma anche tanta forza, nella mia eterna fragilità. E’ il sorriso di un bambino felice e spensierato, è il pentimento di un figlio che, riconoscendo il suo errore, si strofina alla gamba della madre per scusarsi; è essere pronti a lasciare tutto per seguire Gesù come egli stesso ci ha chiesto. La semplicità è il vento leggero con cui Dio entra delicatamente nei nostri cuori, per scatenare poi una tempesta di amore. La semplicità sta in poche parole: Dio è infinito.
A chi mi chiede se sono felice, ora come ora, risponderei in modo completamente differente rispetto a un anno fa perché questo 2020 per forza di cose mi ha fatto riflettere. Ciò che prima credevo felicità ora capisco essere stata in parte fortuna di potermi permettere di organizzarmi per fare qualsiasi cosa liberamente con le persone a cui voglio bene, che fosse un concerto, una settimana di ferie o solo una serata in compagnia. Oggi invece la felicità la ricerco in ciò che davo per scontato, ma non lo è, come l'abbraccio di una persona cara, una telefonata o un messaggio, una semplice chiacchierata o passeggiata. E credo che questa felicità sia più profonda e quindi più dolce da provare perché dettata solo da sentimenti veri.
(Eli Abruzzo)
- Carissima Eli Abruzzo, che la tua vita sia ricca di storie di Gratitudine... di chi non dà nulla per scontato e per questo riesce a ricevere, se alzasse gli occhi un po’ più al cielo, la Grazia, la Conversione, la Fede, la Salvezza... Chi dà per scontato, non si accorge di nulla e non riesce a ricevere nulla. La Fede in noi ci chiama non tanto a essere squadrati dentro a scatole di atteggiamenti predeterminati. Chi ama la vita, come il Signore chiede, fa qualcosa in più. Il bene va oltre il protocollo, una persona mi sorprende quando va oltre al protocollo. Ogni giorno dovrebbe essere sorpresa, gratitudine, prende questa iniziativa e non un’altra perché SCELGO io; dal bene viene la creatività, dal bene viene l'iniziativa. C'è qualcosa che ognuno di noi deve fare e che nessun altro può fare al posto suo. E se uno ha un briciolino di fede e ci tiene a farla crescere, non farà cose strane, ma c'è modo e modo di amare, c'è calore e calore, ci sono particolarità, ci sono modi tutti specifici di ognuno di noi di produrre bellezza. Questo è il dono originale che Dio ha fatto a ciascuno di noi: a noi prenderne consapevolezza.
Per ora sto vivendo un momento felice, almeno credo... perché ai miei soli 14 anni non credo di avere molta esperienza in questo campo, comunque credo sia una sensazione sicuramente soggettiva di libertà e spensieratezza. La felicità é una strada difficile da trovare dove ci sono molti ostacoli tra cui trovare la pace con se stessi.
(Zanna 2006)
- Ciao Zanna 2006, niente di bello è gratis, è frutto di impegno, consapevolezza, fatica, pianto. E la felicità non la si può comprare da nessuna parte, è il dono che maturerà in te in base alle scelte che farai secondo quanto tu credi. Ti lascio un bel pensiero di Angelica Tiraboschi (1995-2015), una delle ragazze del libro regalo che ti ho fatto poco tempo fa: buona meditazione.
“Quando la vita ti dà mille motivi per cadere, TU rialzati; quando i giorni sembrano bui e senza via d’uscita, TU spera; quando le delusioni urlano più forte dei sogni, TU costruisci; quando le lacrime solcano il tuo viso, TU sorridi; quando ti senti sola, TU vieni a cercarmi... ti parlerò di come fare a rialzarti ma Tu fai lo stesso con me... Miglioriamo insieme perché ogni volta che vedi la luce dell’amore non esiste oscurità! Perché in ogni bacio e in ogni pensiero Tu ci sei e ci sarai ieri, oggi, domani, PER SEMPRE!”
Io tendo alla felicità quando sto bene con me stessa e avere tutto ciò di cui hai bisogno per essere felice. Io in questo momento, tralasciando il Covid, mi sento di essere abbastanza felice, perché comunque le persone a cui tengo ci sono ancora tutte, più o meno. Io sono abbastanza contenta. Sicuramente dovrei essere un po’ più serena e meno ansiosa…e poi in questo periodo è ancora più difficile. Spero che tutto passi al più presto, perché mi manca proprio vedere i miei amici, fare le cose che facevo con loro; adesso sono spesso chiusa in casa.
(Lei Carrozzina Rubiera)
- Ciao, Carrozzina Rubiera, star bene con se stessi, avere tutto ciò che serve per essere felici è un obiettivo da definire ogni giorno. Alla mattina, quando ti svegli, anche in questo tempo di pandemia, chiedi con sincerità “Oggi, Signore, che cosa vuoi da me?”. E lui in qualche modo ti risponderà:
“Nella vita impara, che quando «hai» delle sofferenze non devi «essere» una sofferenza, perché le persone, forse, dimenticheranno quanto hai detto e fatto, ma non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire e stare bene. Impara a vedere la grandezza del tuo prossimo e vedrai anche la tua. Un’alba può cambiare una vita e la vita può cambiare un tramonto e allora canterai con le mani alzate le meraviglie del Signore Cristo Redentore… perché, se vuoi lanciarti verso il cielo, probabilmente dovrai prima toccare il fondo. [cf. Angelica Tiraboschi (1995-2015)]
La felicità è un momento di divertimento che passi con i tuoi amici. Nei mesi scorsi è mancato tanto. E sono felice, perché ci sono le feste, che sono momenti sereni che si passano in famiglia
(W il Sud 2006)
- Ciao, e riconoscendo che gli amici per te sono importanti, ricordati che la prima necessità della nostra vita è che qualcuno ci faccia fare quello che possiamo fare e abbiamo capito con lui come vero bene. Questo è il compito di un amico.
Sono contento. Per me tendere alla felicità significare aiutare la mia famiglia e vedere che stiano bene. Però tenendo anche conto agli aforismi devo considerare anche di condividere il mio dolore così da poter superarlo insieme e uniti alla mia famiglia. Questo perché sopportare un peso da solo distrugge ancora di più una persona e farà stare male ancora di più i suoi familiari.
(Anonimo 18a)
- Carissimo, abbiamo “tutto” in noi: Dio, il cielo, l’inferno, la terra, la vita, la morte e i secoli, tanti secoli… Noi portiamo tutto dentro, e le circostanze non giocano mai un ruolo determinante. Ci saranno sempre situazioni belle o brutte da accettare come un fatto compiuto – cosa che non impedisce a nessuno di dedicare la propria vita a migliorare quelle brutte – Ma bisogna conoscere le ragioni della lotta che si porta avanti, cominciando da se stessi, e ricominciando ogni giorno da capo. Il Signore, con il suo Spirito di Sapienza e la sua parola, è un ottimo aiuto per fare chiarezza.
Oggi, in questo tempo, “sono” felice, perché sono insieme alla mia famiglia, nonostante tutte le difficoltà di quest'anno come il Covid, che per fortuna non ci ha toccato. Per me ora tendere alla felicità vuol dire puntare al rendere contente le persone che mi sono vicine.
(Gallus2006)
- Ciao Gallus, ricordati che dobbiamo amare le persone in modo che esse siano libere di amare gli altri più di noi. Ognuno da quello che ha: tu cerca di capire quanto sia preziosa la tua vita. Per la nostra fede è dono di Dio, quindi se guardi a LUI più spesso…
La felicità è per me qualcosa di cui puoi renderti conto solamente quando la stringi tra le braccia. Certo noi possiamo fantasticare su come possa essere, immaginando grandi gesti come sposarsi o avere figli ma la verità é che la felicità sta soprattutto nelle piccole cose come il semplice sorriso di qualcuno a te caro. [Ma tu, oggi, puoi dire di essere “felice?”] Dovrei, ma non so, perché non sento di esserlo
(Capitan findus 2006)
- Caro Capitan findus, il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare: il coraggio è anche quello che ci vuole per sedersi e ascoltare. Diventi sempre più la tua vita una ricerca della “felicità” e un desiderio di parlare delle tue scoperte come dei tuoi dubbi con un amico “saggio”. La lettura per es. del “Diario della Felicità” ha certamente suscitato in te interesse: impara aa condividerlo… e sarai più sereno.
Io oggi sono felice. Per me la felicità è quando una cosa ti fa divertire e quando ti fa stare bene. La felicità si può anche viverla non da soli ma anche con amici, parenti, conoscenti ecc... oppure anche da soli
(Porto 2006)
- Ciao Porto 2006 [e Lei G 2006 + Lei K 2006]: lo sai che il mistero più grande per noi non è l’uomo o la donna più distante, quanto invece il più vicino. Impara ad aprirti e conoscere chi frequenti, perché nessuno cresce da solo; tutti abbiamo bisogno di essere aiutati ad essere “grandi”, “santi”.
In questo periodo sono abbastanza felice. Mi rendo conto di essere molto fortunata a poter avere la salute, sia per me sia per la mia famiglia. Credo, però, che in questo tempo per essere pienamente felice avrei bisogno degli amici e di vederli ogni giorno, come dovrebbe essere normalmente. Per me ora tendere alla felicità vuol dire puntare sul circondarmi di persone vere che mi vogliono bene e puntare su quello che mi piace, sui miei sogni e su quello che mi fa stare bene.
(Lei G 2006)
Sì, sono felice. La felicità per me è star bene, è avere una famiglia che ti ama veramente e ti cura; anche gli amici, solo quelli veri però.
(Lei K 2006)
In questo periodo, credo che la felicità sia in ogni minimo gesto fatto dalle persone che ti vogliono bene veramente. Solamente una parola scambiata durante il giorno per sapere come si sta, dona quell'impressione che qualcuno tenga davvero a te. Semplicemente sentendomi dire anche un "ciao, come stai?", mi sento bene, perché se c'è qualcuno che mi chiede come mi sento in un periodo difficile come questo, significa forse che posso essere io quello che potrebbe risollevare questo periodo, magari essendo parte integrante di quella persona. Si, in questo periodo sono felice, perché ho avuto la possibilità di conoscere tante nuove persone che ora sono mie amiche e anche perché gli amici di vecchia data sono ancora più amici di prima. Però sono felice, perché nonostante non sia stato un periodo facile, ho trovato i veri valori del Natale, che è fatto veramente dalle persone e non dalle cose; sono le persone infatti che rendono il Natale magico, non un albero o una tavola imbandita. Il vedere il vuoto che c'è stato in questo Natale, intorno a un grande tavolo, con tante sedie, mi ha fatto capire che le cose importanti della vita sono le persone
(Son bello 2003)
- Sai, Son Bello 2003, che se io non apro la casa (la mia vita) a chi domanda il mio aiuto – e se la porta è chiusa o aperta solo ai miei amici, non me ne accorgo – devo smettere di dire a Dio “Padre”. Il mio modo di vivere sarebbe assurdo, incoerente, se fosse separato dai fratelli, soprattutto più bisognosi. Noi abbiamo la tendenza a formare il gruppo, il clan: scoprire la paternità di Dio diventa invece un tormento se non riesco con i fatti a convincere, anche chi è nella più cruda sofferenza, di essere amato dal Padre… ma tu lo cerchi? Dobbiamo adoperarci per far prevalere sempre il gratuito, l’amore disinteressato e solo così, con la nostra fratellanza dalla “porta sempre aperta”, riusciremo a rivelare il volto di Dio Padre che ama tutti. Si è fatto uno di noi per dirci questo. E se lo conoscerai e accoglierai veramente, la tua tavola non avrà mai una sedia vuota, neanche se la pandemia fosse più grave.
Per me oggi tendere alla felicità significa sorridere sempre nonostante i piccoli problemi: essere felice è l’unica cosa importante. Sono felice perché ho la mia famiglia e delle persone che mi vogliono bene. Bisogna essere gioiosi dalle cose positive che ci offre la vita perché una risata elimina tutti i problemi. Uno degli aforismi che mi ha colpito è stato “la vita è troppo breve perché ci possiamo permettere di renderla insignificante”. Credo che tutti questi aforismi siano come delle spinte verso il senso della vita; sono tutte frasi che portano a riflettere sulla vita, al senso del ridere, dell’amare e di aiutare. Non solo bisogna “ridere” nella vita con i propri famigliari ma anche con le persone che possiamo aiutare.
(Lei Ma 2006)
- Carissima “Lei ma 2006”, sarebbe un esercizio interessante ritagliarsi del tempo e, con foglio e penna, enumerare il bene che riceviamo ogni giorno da Dio e dai fratelli. Giustamente il salmista afferma “Se li voglio annunciare e proclamare, sono troppi per essere contati” (Sal 40,6b) e, a pensarci, è così per ciascuno di noi. Dal sole che sorge, dal sorriso della persona che si ama, dal bacio di un figlio, tutto è dono ricevuto e sempre immeritato. Questo ci abilita a vivere nello stupore e nella riconoscenza, a fare anche della vita un dono perché, insegna santa Teresa del Bambino Gesù, “Tutto è grazia”. Ma, sul foglio che abbiamo davanti, meglio se piegato in due, è importate riportare anche ciò che restituiamo agli altri, il nostro donarci, l’impegno di non trattenere per noi stessi, come i bambini sempre pronti ad afferrare e a lasciare tutto, solo quando il sonno ha vinto le loro giovani forze. Sarebbe un esercizio bello vedere il rapporto tra grazia ricevuta e dono concesso, non solo a livello personale, ma anche di gruppo, di coppia e di famiglia. È, infatti, importante fare il punto della situazione, vedere dove e quando facilmente ci blocchiamo, notare quanto l’egoismo dirotti il cammino della maturità dell’amore. Servirebbe anche a riconoscere con umiltà i propri limiti e a lasciarsi aiutare dall’altro/a nel seguire Gesù che è gioia, vita.
Roba di Kappa

L’anno che verrà

Qualche giorno fa, al risveglio, la casa galleggiava in una luce lattiginosa. I tetti, i rami, le macchine erano di un’unica silenziosa consistenza: nevicava da ore. La neve è una delle manifestazioni della bellezza che ci ricordano che la vita può ancora e sempre sorprenderci: uno di quei momenti in cui ci «tocca» e ce ne sentiamo parte. Alla neve somigliano i giochi degli uomini, con l’attesa, fino all’ultimo, del sorprendente colpo vincente. Alla neve somiglia l’amore: (ac-)cade e trasforma tutto il paesaggio interiore ed esteriore. Sono tutte apparizioni dell’imprevedibile che ci mostrano che la gioia è possibile, ma che si offre a noi solo quando sappiamo ricevere la vita in dono, cioè entrando in relazione profonda con la realtà. Tocca quindi a noi darle l’occasione di «ac-cadere», tenendo occhi e mani aperti. Solo così, come dice il sociologo Hartmut Rosa nei suoi scritti, possiamo entrare in «risonanza», cioè fare esperienza di momenti in cui la vita ci parla, come un amico, strappandoci alla noia, all’indifferenza e all’assurdo. Questa gioia è diventata rara perché, proprio per averla sempre a portata di mano, abbiamo voluto rendere il mondo e gli altri sempre totalmente manipolabili e disponibili: volendo il controllo di tutto, abbiamo esiliato il miracolo, che poi non significa «ciò che è straordinario» ma soltanto «ciò che non si può non vedere», come la neve...

Quasi niente più ci tocca e a volte ci accorgiamo troppo tardi che solo le relazioni profonde con il mondo, con le persone e con Dio sono le occasioni che permettono la «risonanza». Quando invece tutto deve essere subito disponibile, allora il mondo, le persone e Dio diventano muti, al massimo fanno eco a noi stessi. Gridiamo sempre più forte che vogliamo essere felici, ma così l’eco dura soltanto qualche attimo in più, ma poi, sempre e comunque, si spegne... La risonanza invece, cioè la relazione profonda con la realtà, è un dialogo trasformante con ciò che è altro da noi, come accade ad esempio con la musica. La risonanza ci tocca attraverso l’emozione che, positiva o negativa che ci sembri, è in senso letterale ciò che ci spinge fuori (e-movere) da noi stessi, gettando un ponte verso un pezzo di mondo che ignoravamo: le lacrime spesso certificano l’autenticità dell’incontro, il livello della risonanza. Ma proprio questo è il mistero della gioia: si trova solo quando rispondiamo all’appello delle cose e delle persone dando loro tutto il tempo di esistere e raccontarsi. Così entrano nella memoria i nostri incontri con la realtà, che sono quella gioia duratura e inalienabile che chiamiamo «ricordi» ma che faremmo bene a chiamare «vita salvata». Perché ciò ci accade di rado? Per il rapporto che abbiamo con il tempo. Ho intitolato «Alla ricerca del tempo sprecato» la parte del mio recente libro (L’appello) dedicata al diario del protagonista, un professore divenuto cieco che, proprio perché non vede, può solo «rispondere» al mondo, lasciarsi toccare, non avere il controllo di nulla. Il tempo sprecato è spesso proprio quello che vorremmo risparmiare, accelerando e spuntando le liste di «cose da realizzare» nella speranza che, alla fine dell’elenco, il risultato sia la felicità... eppure nessuno di noi ascoltando la musica che ama a velocità doppia se la gode di più. E così l’ossessione di «ottimizzare» ci ha portato all’esito opposto. Volevamo affrancarci dalla lentezza della natura, avere il controllo totale e immediato della vita. E così si sono fatti strada l’affanno e l’ansia: saliamo su una scala mobile che va in senso contrario, per star fermi dobbiamo muoverci, per avanzare dobbiamo correre. E correre è diventato così il senso della vita. E invece, se ci pensiamo, è proprio quando la vita riesce a toccarci che rallentiamo, respiriamo, «perdiamo» tempo, anzi lo «recuperiamo» perché solo la relazione profonda con le cose e le persone amplia e salva il tempo, che è vita che non ci può essere più tolta e risuona in noi anche a distanza di anni.

Questo mi e vi auguro per quest’anno: la vita torni a parlarci e noi ad ascoltare ciò che Baudelaire chiamava «il linguaggio dei fiori e delle cose mute», che altro non è che la relazione buona con tutto ciò che non pretendiamo di manipolare e consumare. Solo se smettiamo di voler dominare il mondo e diventiamo disponibili al miracolo, allora il miracolo «ac-cade» nel quotidiano. Lo aveva già cantato Dalla: «E se quest’anno poi passasse in un istante, / vedi, amico mio, / come diventa importante, / che in questo istante ci sia anch’io». Ciò che conta non è cosa accade in un anno (che noia la lamentela sul 2020 e la superstiziosa sicurezza di un 2021 migliore...), ma che ci siano relazioni profonde. Il 2021 sarà migliore solo se ci lasceremo amare e ameremo di più, perché solo l’amore libera il canto della vita incastrato in ogni angolo, anche il più dimenticato, del mondo.

(Alessandro D'Avenia, Corriere della Sera, 04/01/2021)


← Traccia proposta




Commenti alla catechesi:


Caricamento dati...



« torna all'indice...



Eventi parrocchia:

(Per gli eventi completi vai alla pagina eventi)

Ricerca nel sito:

Contenuti recenti:

...

Condividi questa pagina...

Facebook       Twitter       Whatsapp       Pinterest       File PDF

Home | Archivio | Gallery | Mailing list | Contribuisci | Eventi | Oratorio | Parrocchia | Contatti | App | Info e Cookie

 

Chiesa di Poviglio - Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla
Unità Pastorale di Casalpò - Enzola - Fodico - S. Sisto - S. Stefano
Via don Pasquino Borghi 1/1 - 42028 Poviglio (RE)

 

Sabato 19 Aprile 2025©2012-2025 Parrocchia Poviglio

 

Credits
Reindirizzamento in corso...